martedì 13 luglio 2010

I PROBLEMI DELL’ITALIETTA POST BOOM CHE LA RENDONO LA ‘ZOPPA’ D’EUROPA

Lo Stato italiano è zoppo e continua ad arrancare il passo nella competizione europea, affaticato. Ultimo posto nelle classifiche di competitività, grado d’istruzione e tasso di occupazione. Minimo degli investimenti stranieri. Produzione energetica troppo costosa, deficit infrastrutturali, record di durata dei processi civili. Il bollettino è l’elenco delle ‘palle al piede’ di cui la penisola non riesce a disfarsi neanche per imparare a volare a mezz’aria, mentre sulle sue spallucce fragili, a gravarne lo sforzo, si insidia ancora una volta il peso di un debito pubblico, che anche per il 2009 riconferma cifre stellari. Il 104,1 del Pil, equivalente a circa 77 miliardi di interessi, praticamente tre finanziarie. Tra i problemi dell’italietta post boom anche il welfare, un capitolo a parte della spesa dello Stato. Il 14% del Pil infatti deve fare i conti proprio con le ingenti uscite per pensioni d’anzianità e invalidità che, soprattutto al Sud, rappresentano un sostegno sociale a redditi troppo bassi o inesistenti.



Un correttivo il governo l’aveva trovato varando una riforma per consentire il prolungamento del’età pensionabile per uomini e donne, seguendo la scia europea, adeguando i costumi della ‘sfaticata’ penisola agli standard dei più laboriosi. I primati che inibiscono il decollo sono anche altri però e proseguono lungo lo stivale sul versante economia sommersa. L’evasione fiscale accertata ammonta a 200 miliardi di euro non dichiarati ogni anno al fisco, per un’evasione pari a 100 miliardi. Colossale fortuna sfuggente alle casse statali che per recuperare il maltolto legano il rispetto della legalità a condoni estemporanei dal discusso successo morale e contante, se non per qualche lungimirante furbetto. Senza contare i salvadanai nascosti che Mafia, Camorra e ‘ndrangheta difendono in avamposti storici come Campania, Sicilia e Calabria, al di fuori di qualsiasi controllo da parte dei preposti poteri. Ad ancorare saldamente la penisola tra gli stati ‘meno efficienti’, anche il comparto energia. La bolletta degli italiana è infatti la più cara, e la crisi finanziaria non ha certo contribuito ad alleggerire il saldo.
Il freno all’economia però passa anche per l’inefficienza dei servizi, da quelli bancari per finire alla nettezza urbana, a fronte di costi collettivi notoriamente troppo alti. Amministrazione pubblica in primis. Il regno degli sprechi però se lo aggiudica la politica. Lo sanno bene Angelo Rizzo e Gian Antonio Stella che sui soldi gettati dalla finestra per finanziare partiti e co. sono riusciti a scriverci un libro intero. In barba addirittura ad un referendum che aveva sancito popolarmente l’addio ad indennizzi, le ‘fazioni’ parlamentari vedono rientrare nei loro depositi, grazie ad un escamotage, fiumi di denaro sotto forma di, formalmente più sobri, rimborsi spese elettorali per regionali e politiche, ovviamente Camera e Senato separati. E tutto questo senza contare i costi medi per parlamentare che si confermano con 1.531.952 di euro i più alti in Europa. Lo sperpero, caratteristica congenita del Paese, non risparmia neanche le infrastrutture. Sospese o abbandonate, al Nord come al Sud. In Piemonte ad esempio un orfanotrofio costato 33 miliardi di lire versa in stato d’abbandono, mentre la Puglia attende dall’Ottanta l’invaso del Pappadai, nel tarantino, che dovrebbe contenere milioni di metri cubi d’acqua e per il quale sono stati spesi 750 miliardi della vecchia moneta.
Anche la spesa per la giustizia non registra passi da gigante. Dal ’90 oltre il 140% in più, con cause civili triplicate e raddoppiate nella loro durata. E la voce burocrazia legale, assieme lenta e farraginosa, influisce negativamente anche sugli investimenti esteri che dal belpaese fuggono sempre più lontani. Scappano i soldi, ma anche i cervelli. Il problema sta tutto in una sola parola: competitività. O meglio, nella sua mancanza, che tocca anche uno dei settori più delicati, l’istruzione. La maggior parte degli studenti italiani risultano più ignoranti rispetto ai loro colleghi europei, ma per quelli di loro, premiati dall’onore di una laurea e poco dalla meritocrazia, non resta altra scappatoia che un biglietto di sola andata per l’estero.

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